BANKITALIA: servono più asili nido per ridurre il gender gap

Cresce il tasso di occupazione in Italia, ma la partecipazione femminile al mercato del lavoro rimane tra le più basse in UE: è quanto emerge dal nuovo rapporto di Banca d’Italia “L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali”, che restituisce una fotografia del divario di genere nel Paese, individuando nella mancanza di servizi di assistenza alla prima infanzia una delle criticità più rilevanti.

 

Divario di genere ed eterogeneità territoriale: inattività e lavoro discontinuo soprattutto nel Mezzogiorno

Secondo le stime di Bankitalia, a partire dai primi anni duemila la crescita del tasso di attività femminile – in particolar modo tra le fasce d’età più mature – e il lieve calo di quello maschile nel Mezzogiorno hanno contribuito a ridurre il divario di genere in tutte le macroaree. Due i fattori determinanti segnalati nel Report: le riforme pensionistiche e l’aumento della quota di persone più istruite, tendenzialmente inclini a rimanere ancorate al mercato del lavoro. Diverso, invece, lo scenario al Sud, dove il divario di genere ha risentito in misura minore di queste variazioni ed è rimasto elevato rispetto alle altre parti d’Italia (26,2 contro 13,5 punti).

L’entusiasmo per la riduzione del gender gap (da 19 a 18 punti nel 2021), tuttavia, frena guardando all’Europa: il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, infatti, non raggiunge le percentuali degli altri Paesi dell’UE e si attesta in fondo alla classifica. A incidere su questo dato, in primo luogo, l’assenza di un’equa distribuzione dei carichi di cura tra i generi e la conseguente difficoltà, in capo alle donne, di conciliare vita lavorativa e vita privata. Il gap, non a caso, tende ad ampliarsi in maniera significativa con riferimento ai genitori di bambini in età prescolare (0-5 anni), raggiungendo valori che variano dai 27-28 punti percentuali nel Centro Nord fino a oltre 44 nel Mezzogiorno.

In Italia, la partecipazione femminile al mercato del lavoro risulta, inoltre, più discontinua rispetto a quella maschile. Sono principalmente le donne tra i 25 e i 49 anni a interrompere la ricerca di un’occupazione e a permanere più a lungo in uno stato di inattività – un dato che riguarda principalmente le donne gravate da esigenze di cura della famiglia. Ancora una volta, nelle regioni meridionali la fuoriuscita delle donne dal mercato del lavoro risulta più elevata, sia in assoluto sia rispetto agli uomini, e la possibilità di farvi nuovamente ingresso a distanza di un anno si ferma intorno al 5% (contro l’8% nelle altre aree d’Italia), anche quando le esigenze di cura sono ormai cessate.

 

*Banca d’Italia – L’economia delle regioni italiane – Dinamiche recenti e aspetti strutturali.

 

Servizi di assistenza per l’infanzia: più asili nido agevolano la partecipazione femminile al mercato del lavoro

Dall’analisi di Bankitalia emerge un’evidente correlazione tra partecipazione al mercato del lavoro e genitorialità, che interessa soprattutto le donne con figli di età inferiore ai tre anni: sono, infatti, queste ultime ad essere maggiormente coinvolte nelle responsabilità di cura.

È all’interno di questo quadro, quindi, che la disponibilità di servizi di assistenza all’infanzia assume un ruolo centrale, agevolando un’effettiva conciliazione tra sfera privata e vita lavorativa. Nelle province italiane in cui sono disponibili servizi per bambini, infatti, il tasso di attività delle madri risulta più elevato. Tuttavia, mentre la presenza di servizi per fasce d’età dai tre anni in su è uniforme su tutto il territorio, la copertura diviene sempre più eterogenea quando ad essere interessata è la prima infanzia.

Per le regioni del Sud, dove si registrano le maggiori carenze, sono in atto interventi per sanare le disparità e incrementare il numero di asili nido sul territorio, a partire dai LEPS (livelli essenziali delle prestazioni sociali) definiti a livello nazionale.

Più in dettaglio, il LEPS da raggiungere entro il 2027 è individuato in un numero di posti autorizzati, sia pubblici sia privati, pari al 33% della popolazione di età compresa tra i tre mesi e i tre anni di età. Nel 2020 il valore obiettivo è stato raggiunto solo negli ambiti territoriali sociali (ATS) del Centro-Italia, mentre il Nord è rimasto indietro di circa 5 punti e il Mezzogiorno di oltre 20.

In questi mesi, un aiuto concreto di oltre 2,7 miliardi di euro è giunto dal PNRR, con due bandi destinati al rafforzamento dell’offerta di asili nido pubblici in tutto il territorio. Le regioni meridionali, tuttavia, hanno richiesto e ottenuto solo circa il 55% delle risorse – una percentuale inferiore al 66% che spetterebbe ai comuni del Sud in base a un’allocazione proporzionale che tenga conto del divario rispetto al LEPS.

Il rischio, dunque, è che i fondi del PNRR possano non bastare per colmare le disparità territoriali, finendo per incidere in misura poco efficace sulle donne gravate dai carichi di cura. Ad essere necessari, oggi più che mai, sono interventi strutturali e strumenti di conciliazione che non si disperdano nel medio-lungo termine e che tengano in considerazione la moltitudine di interessi coinvolti: come evidenziato da Bankitalia, infatti, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro non ha ricadute solo sul piano delle pari opportunità, ma influisce in misura determinante anche sulle prospettive di crescita del Paese.

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