Si è tenuto ieri, 25 settembre, alla Camera dei Deputati l’evento “Scegliere di essere genitori oggi. Il punto su natalità, condivisione della cura e conciliazione in Italia”, organizzato sotto l’egida dell’On. Elena Bonetti, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto.
Obiettivo comune stimolare un cambiamento culturale e strutturale, per rendere la genitorialità un diritto equamente condiviso e sostenibile.
L’evento ha rappresentato un’occasione preziosa di confronto tra rappresentanti delle istituzioni, aziende, esperti e società civile, a partire dalla presentazione di due ricerche di rilievo:
- il whitepaper “Rimuovere le barriere alla maternità”, realizzato da Valore D con Fuori Quota
- e lo studio “State of Southern European Fathers”, condotto da Equimundo in Italia, Spagna e Portogallo, nell’ambito del progetto europeo EMiNC – Engaging Men in Nurturing Care (il coinvolgimento del padre nei primi mille giorni), coordinato da ISSA – International Step by Step Association e promosso in Italia dal CSB Onlus, il Centro per la Salute delle Bambine e dei Bambini.
Scenario europeo: stereotipi e opportunità
Una recente indagine realizzata da SWG per Valore D evidenzia l’esistenza – già a livello europeo – di criticità comuni nel percorso verso una più equa condivisione del lavoro di cura.
Sul tema del congedo di paternità, emerge infatti come, nonostante la conoscenza sia diffusa, solo 1 rispondente europeo su 4 ne conosce la durata nel proprio Paese.
Perdurano anche stereotipi: meno di un uomo europeo su cinque vorrebbe un congedo di paternità uguale a quello di maternità. Inoltre, sebbene l’impatto del congedo di paternità sia considerato positivo per l’equilibrio e il benessere generale della vita di coppia dall’80% degli intervistati europei, circa un 50% con età 18-34 teme possa essere un freno alla crescita professionale.
Italia: segnali di cambiamento, ma il divario resta
In Italia, dove lavora poco più di 1 donna su 2 e una su 5 lascia il lavoro dopo la maternità, il 39% dei rispondenti ritiene 1-3 mesi di congedo di paternità un periodo adeguato ma quasi il 50% degli uomini con età 18-34 ne vorrebbe uno più lungo, di oltre 3 mesi o uguale a quello della madre. Un dato importante, che conferma la volontà dei giovani padri italiani di una genitorialità condivisa soprattutto se letto in confronto con altri Paesi (in Francia ben il 37% degli uomini ritiene che 1-2 settimane siano sufficienti per esserci nei primi giorni senza intaccare il lavoro.)
Ma la strada è ancora lunga. La survey “State of Southern European Fathers” conferma il ritardo italiano in particolare rispetto a Spagna e Portogallo, persistenti e più forti squilibri uomo/donna nel lavoro di cura (legati anche al tasso di occupazione femminile nel nostro Paese, il più basso di Europa: 52,5% nel 2024), il perdurare di visioni tradizionali sui ruoli dell’uomo e delle donna nella cura (il 20% dei padri intervistati, ma solo il 7-11% delle madri, sono ‘d’accordo o ’molto d’accordo’ sul fatto che: l’uomo dovrebbe avere l’ultima parola sulle decisioni domestiche, cambio di pannolino, bagnetto e allattamento sono responsabilità esclusive delle madri, sono gli uomini a dover provvedere finanziariamente alla famiglia e le donne occuparsi di casa e figli), una offerta minima di congedi adeguatamente retribuiti per i padri (in Italia il congedo di paternità obbligatorio, di soli 10 giorni, è il più breve d’Europa), una difficoltà generalizzata (ma più accentuata per le donne) a conciliare lavoro e famiglia, e una forte domanda di congedi paritetici e di una organizzazione del lavoro che favorisca la conciliazione sia per madri che per padri.
“Il coinvolgimento del padre nella cura e l’educazione dei piccoli fin dall’inizio è essenziale per il benessere e lo sviluppo equilibrato del bambino e della bambina e del futuro adulto. Il tema è estremamente attuale e urgente perché è dimostrato che un padre presente e amoroso fin dall’inizio rende molto meno frequenti i problemi di comportamento inclusi bullismo e violenza in preadolescenza e adolescenza, in particolare per i maschi”, commenta Giorgio Tamburlini, presidente CSB. “La condivisione della cura è fondamentale per la parità di genere, per favorire l’occupazione femminile e quindi anche la natalità, perché soprattutto la decisione delle donne di avere un secondo figlio dipende dalla possibilità di poter contare su un partner presente e collaborativo. Come mostra la survey SOSEF, l’Italia è indietro quanto a congedi pater e cultura della cura, anche rispetto ai suoi ‘cugini’ Spagna e Portogallo. Per colmare questo divario servono misure strutturali sul fronte occupazione, i servizi per la prima infanzia, la riforma dei congedi e la promozione di una conciliazione ‘paritetica’ fra lavoro e famiglia.”
Un nuovo paradigma per il futuro
Dall’analisi del contesto socio-occupazionale del nostro Paese emerge la difficoltà delle donne ad entrare e a rimanere nel mercato del lavoro, nel caso in cui scelgano di diventare madri. La qualità del lavoro femminile è fortemente impattata dalla maternità che si rivela penalizzante sia nei percorsi di carriera che per l’indipendenza economica. Inoltre, emerge, anche dai giovani uomini, la chiara richiesta di una nuova genitorialità condivisa, come fattore indispensabile per un progetto di famiglia che non mortifichi la madre, prescrivendone il sacrificio sociale e all’interno della coppia.
“Il tasso di occupazione femminile e la natalità sono due elementi cruciali per lo sviluppo e per il futuro del nostro Paese ed è pertanto indispensabile comprendere le ragioni delle criticità attuali e rimuovere gli ostacoli individuati, utilizzando un approccio sistemico e integrato tra aziende, istituzioni e società ampiamente intesa. Oltre ad aspetti prettamente legati allo sviluppo di carriera, su cui molte aziende stanno già lavorando, bisogna intervenire su più fronti per supportare la genitorialità condivisa quale nuovo imprescindibile paradigma delle generazioni future, sulle quali investire per contrastare il declino demografico”, commenta Laura Cavatorta, Vicepresidente di Fuori Quota.
Cosa possono fare le aziende
Il whitepaper Rimuovere le barriere alla maternità, sviluppato da Valore D e Fuori Quota con il contributo delle aziende associate di Valore D, evidenzia come gli stereotipi legati alla maternità e l’assenza – o l’insufficienza – di strumenti efficaci continuino a frenare la carriera delle donne. Lo studio sottolinea che la genitorialità non deve essere vista come un limite, ma come una leva di innovazione per le organizzazioni, a patto che aziende e istituzioni lavorino insieme per garantire condizioni di pari opportunità eque e strutturali.
Il documento evidenzia 5 momenti chiave della vita lavorativa, ciascuno segnato da specifiche criticità, su cui è necessario agire per superare gli ostacoli a una crescita professionale equa di genitori e futuri genitori. Dal recruiting, all’ingresso in azienda, al periodo di gravidanza e di congedo, al rientro al lavoro (fase molto critica in cui il 16% delle donne abbandona l’occupazione dopo la nascita di un figlio) e, infine, l’avanzamento di carriera. Le iniziative individuate, insieme alle buone pratiche già in atto in molte aziende, rappresentano le azioni più diffuse e/o prioritarie per sostenere l’occupazione femminile e la genitorialità condivisa.
“Le aziende hanno dimostrato di poter essere motore di innovazione sociale, introducendo pratiche concrete che favoriscono la genitorialità condivisa e sostengono le carriere femminili. Ma il vero salto di qualità si ottiene solo quando questo impegno incontra politiche pubbliche mirate e strutturali. È su questa sinergia che dobbiamo puntare: trasformare la genitorialità in una leva di crescita per le persone, le imprese e l’intero sistema Paese. La sfida è enorme per tutti, e richiede visione e responsabilità condivisa tra istituzioni, imprese e società civile”, commenta Barbara Falcomer, Direttrice Generale Valore D.
Voci a confronto per un dialogo multidisciplinare
In conclusione dell’evento si sono tenute due tavole rotonde che hanno messo in luce diverse prospettive su Lavoro, Famiglia e Salute.
La prima ha visto la partecipazione di Adriano Bordignon (Presidente Forum Famiglie), Lucia Melcore (Equality and inclusion, HR Director Procter & Gamble), Rinaldo Platti (Founder e CEO Prolink) e Alessandro Volta (Pediatra Neonatologo e Direttore AUSL Reggio Emilia
La seconda ha visto invece l’intervento dell’On. Elena Bonetti e di alcuni parlamentari componenti della Commissione di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto. Nel confronto sono state approfondite le possibili azioni legislative e di policy per favorire una più equa distribuzione dei carichi di cura e sostenere le scelte genitoriali.
“Il lavoro che stiamo facendo in Commissione vede già emergere un messaggio chiaro: la sfida demografica in tutti i suoi aspetti, compresa la condivisione dei carichi di cura, non può essere affrontata con misure isolate, ma richiede uno sguardo sistemico che guidi il governo del Paese nella sua interezza. Per questo, già a pochi mesi dall’istituzione della Commissione abbiamo avanzato la proposta di introdurre la valutazione di impatto demografico come criterio trasversale di tutte le politiche pubbliche. Un primo risultato concreto lo abbiamo già ottenuto: la valutazione di impatto demografico è stata inserita tra i criteri previsti dalla legge di contabilità dello Stato. È un passo importante, che apre la strada a una politica capace di misurare e orientare le proprie scelte in funzione del futuro delle famiglie, delle nuove generazioni e della sostenibilità sociale del nostro Paese”, commenta l’On. Elena Bonetti.














