Intervista ad Annalisa Pastore, prima docente donna alla Normale in due secoli di storia

Annalisa Pastore, laureata in chimica all’Università di Napoli, ha alle spalle un incarico al King’s College di Londra e uno all’Università di Pavia, e dal prossimo anno insegnerà alla Scuola Normale di Pisa. Cosa c’è di strano? Che sarà il primo professore ordinario di scienze donna a farlo dopo 208 anni: più di due secoli.

Della scarsissima presenza di docenti femminili presso l’ateneo toscano avevamo già parlato qui. Proprio ieri, il Rettore della Normale Vincenzo Barone ha dichiarato pubblicamente che «Ogni volta che si tratta di valutare o proporre il nome di una donna per un posto da docente, si scatena il finimondo» e che per questo l’assunzione della Pastore rappresenta un record assoluto.

Proprio a questo proposito, sul Corriere della Sera è apparsa oggi un’intervista alla neo-Professoressa, che vi riportiamo di seguito.

 

Professoressa Pastore, è successo anche a lei?

«Di ricevere offese sessiste, in particolare quando ero più giovane, sì, come a tutte le donne purtroppo. Per questa nomina, che io sappia, no».

E non è mai stata discriminata in quanto donna?

«Nel Regno Unito, alcuni anni fa, sarei potuta diventare direttore di dipartimento, invece mi hanno preferito per ben due volte uomini inglesi. Non so se perché uomini, o perché inglesi».

Nel suo settore le donne sono ancora poche?

«Non tra le studentesse di biologia, che anzi sono più dei maschi. È diverso per quanto riguarda discipline come fisica o matematica».

Pensa che sia perché le sono meno portate, come ha detto un suo collega?

«Credo che sia soprattutto una questione di tradizione. E poi fino a poco tempo si scoraggiava l’accesso e l’ascesa delle donne: mio marito, anche lui chimico ora in pensione, mi ha raccontato di aver assistito ad almeno un caso, a Napoli, in cui a una studentessa è stata negata la lode solo perché donna».

Cosa si può fare?

«Molte cose. Il direttore della Normale Vincenzo Barone ha sollevato la questione e ha rotto il ghiaccio: la programmazione è fondamentale. È importante bilanciare gli squilibri di genere quando si scelgono i docenti, ovviamente a parità di merito. E servono asili e servizi per permettere alle madri di lavorare».

Lei perché ha scelto di studiare chimica?

«Quando avevo 17 anni ho letto La doppia elica di James D. Watson, in cui raccontava la scoperta del Dna: mi sono appassionata. E poi c’era Marie Curie…».

Una scienziata donna: i modelli contano?

«Sì, lo vedo anche con le mie studentesse. Le aiutano a capire che si può conciliare la ricerca con la vita familiare. Certo, bisogna lavorare, ma è una scelta compatibilissima».

La sua giornata di lavoro com’è?

«Mi alzo presto, anche alle 4 e o 5 di mattina, e mi metto subito al computer a scrivere articoli o analizzare i dati. Alle nove e mezzo arrivo in laboratorio e ci sto fino a sera. A volte torno prima e continuo a lavorare da casa».

Di cosa si occupa?

«Studio la struttura delle proteine coinvolte in malattie degenerative come l’Alzheimer. L’idea è che capirne la struttura ci permetta di capirne il funzionamento, come nel caso del Dna, e quindi come bloccare la patologie».

È contenta di insegnare in Normale?

«Si, è un posto bellissimo: solo qui trovi gli studenti che a mezzanotte scrivono equazioni sulla lavagna».

 

 

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