La grande frattura dell’Italia

Per la prima volta in 25 anni sono aumentate simultaneamente a livello globale estrema ricchezza ed estrema povertà: un grido di allarme che arriva da Oxfam (“La disuguaglianza non conosce crisi”, 2022) e che mette nero su bianco come la società oggi si sia polarizzata tra chi la crisi e l’inflazione non le sente e i working poor, cioè i lavoratori poveri, coloro che non guadagnano abbastanza per vivere. Ad acuire le disparità sociali, secondo l’International Labor Organization, sono le condizioni occupazionali attuali: proprio la forte disoccupazione, la scarsa qualità del lavoro e la differenza nelle retribuzioni aumenterebbero le disparità, minando la giustizia sociale (“World employment and social outlook”, ILO, 2023).

 In aumento la disoccupazione nei paesi ad alto reddito

Per quanto riguarda l’anno in corso, il rapporto dell’ILO, “World employment and social outlook: trends 2023”, ha stimato a livello globale un rallentamento dell’occupazione, con una crescita dell’1%: ossia meno della metà di quanto registrato nel 2022. Secondo il report, inoltre, nei paesi ad alto reddito la disoccupazione aumenterà ancora raggiungendo il 5,8%. A farne le spese saranno per lo più le donne e i giovani

Nel mondo lo scorso anno il tasso di partecipazione femminile al lavoro si è fermato al 47,4% femminile, rispetto al 72,3% degli uomini. Per quanto riguarda le nuove generazioni, chi è sotto i 24 anni ha incontrato maggiormente difficoltà nel trovare un lavoro dignitoso, con un tasso di disoccupazione tre volte superiore a quello degli adulti. Non solo. Un giovane su cinque (il 23,5%) si astiene sia da studio che da attività lavorative: i cosiddetti Neet. A pagare lo scotto maggiore anche qui sono per lo più le ragazze, con il doppio delle probabilità di rientrare in questa cerchia di persone dalle mancate opportunità.  

Il rischio con le condizioni occupazionali attuali 

Diversa la situazione di chi un’occupazione la trova, ma di scarsa qualità: è la più grande preoccupazione guardando al futuro della società, secondo l’International Labor Organization. La riflessione si concentra sui lavoratori che, con la diffusione degli impieghi mal retribuiti – in mancanza di altre alternative -, potrebbero essere più disposti ad accettare questa povertà lavorativa, agevolandone lo sviluppo e aumentando le disuguaglianze sociali. 

Sui tavoli delle offerte aziendali, del resto, oggi ci sono prospettive completamente diverse rispetto al passato, in termini di stabilità, retribuzione, trattamento pensionistico, accesso al credito e alla formazione: conseguenza della flessibilizzazione del mercato del lavoro e della moltiplicazione delle tipologie contrattuali atipiche.

Un processo che potrebbe protrarsi senza ostacoli per anni fino alla completa polarizzazione della società, considerando che, dopo le pressioni economiche dovute a covid-19, crisi energetica e inflazione, anche i risultati raggiunti nell’ultimo decennio in termini di riduzione della povertà sono stati spazzati via. 

Sotto i riflettori oggi permangono divari socioeconomici mai visti prima. 

La società mai così divisa  

La conferma arriva dall’ultimo rapporto “La disuguaglianza non conosce crisi” (2022) di Oxfam: a fine 2021 la ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%). Dati che mostrano che il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, pur a fronte di un anno nero sui mercati, non è stato scalfito. 

“Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio” , ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International.  

La povertà assoluta, stabile nel 2021 dopo un balzo significativo nel 2020, invece, interessa in Italia il 7,5% delle famiglie (1 milione 960 mila in termini assoluti): un fenomeno raddoppiato in 16 anni, con un livello di spesa insufficiente a garantire uno standard di vita minimamente accettabile.
Le politiche attuate finora, infatti, hanno solo attutito il colpo, senza favorire il cambiamento dei lavoratori poveri, rimasti a cavarsela da soli: l
’Italia è l’unico membro dell’OCSE che nell’ultimotrentennio1990-2020 ha diminuito il salario medio annuo del 2,9% (“DiseguItalia”, Oxfam 2022). Se negli ultimi due anni i meno abbienti hanno mostrato resilienza, non è detto che continuino a farcela economicamente e moralmente. Secondo la Banca Mondiale è il più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Urge prenderne atto, subito.

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