L’emergere della tecnologia sta danneggiando i pacchetti retributivi dei lavoratori: è quanto ha l’OCSE in occasione della pubblicazione dell’Employment Outlook 2018, rapporto annuale sulle prospettive occupazionali negli stati membri.
I dati evidenziano che, nella maggior parte dei paesi esaminati, la crescita dei salari non riesce a tenere il passo con i miglioramenti della produttività. Prima che la crisi finanziaria globale prendesse piede nel 2008, i salari crescevano ad un ritmo del 2,2%. Adesso, solo all’1,2%.
«C’è una tendenza alla crescita e all’aumento dell’occupazione, ma senza salario. Questo è indice di cambiamenti strutturali nelle nostre economie e sottolinea l’urgente necessità che i paesi aiutino i lavoratori, specialmente quelli meno qualificati», ha affermato il Segretario generale dell’OCSE Angel Gurria. A quanto pare, infatti, la maggior parte dei lavoratori non è abbastanza preparata a reggere il confronto con i computer. Come possiamo aiutarli? Offrendo loro più skills e un’educazione tecnologica, sostiene l’OCSE.
Gurria ha poi aggiunto che i paesi che hanno registrato un calo dei guadagni di reddito per i lavoratori, hanno assistito allo stesso tempo a guadagni di liquidità per le imprese del settore tecnologico che hanno utilizzato tanta tecnologia e poche risorse umane. Nell’ultimo trimestre del 2017, gli unici paesi con una crescita salariale superiore alla media sono stati il Canada e la Francia. All’altra estremità, Spagna, Italia e Australia hanno avuto un abbassamento drastico dei redditi.
Dal rapporto emerge infatti che nel nostro Paese la tendenza del mercato del lavoro è in generale positiva: l’occupazione è tornata quasi a livelli pre-crisi, aumentando del 2,3% rispetto al livello più basso raggiunto nel 2013 e toccando un incidenza del 50,9% (era 51% prima del 2008). Eppure, i salari reali sono scesi dell’1,1% tra 2016 e 2017 a causa della stagnazione della produttività e della presenza di tanti (troppi?) lavoratori a basso reddito, con contratto a tempo determinato o part-time.
In sostanza, in Italia aumenta sì l’occupazione, ma aumenta anche la povertà. Per questo, dice l’OCSE, è
necessario incrementare gli investimenti nelle politiche attive per il lavoro, assicurando innanzitutto la collaborazione tra le regioni e fornendo ai centri per l’impiego gli strumenti essenziali ed il personale adeguato.