Percezioni e stereotipi sulle generazioni nel mondo del lavoro

L’ageismo si riferisce a pregiudizi, atteggiamenti negativi, stereotipi e comportamenti discriminatori rivolti verso individui o gruppi a causa della loro età. Questo tipo di discriminazione inasprisce il conflitto generazionale valutando le persone su base anagrafica e non per il loro effettivo valore e può manifestarsi sia contro le persone anziane sia contro quelle giovani.

La ricerca “Oltre le generazioni: esperienze, relazioni, lavoro” di Valore D, in collaborazione con il centro di ricerca Behave Lab dell’Università degli Studi di Milano, offre uno sguardo sulla realtà lavorativa delle quattro generazioni attualmente presenti nel mercato del lavoro, Baby Boomers, Gen X, Millennials Gen Z, dando spazio a come queste vengono percepite e alle difficoltà in cui possono imbattersi.

Generazione Z

 

La Generazione Z è composta da persone nate tra il 1996 e il 2003 che rappresentano i nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Come sostiene la ricerca “Oltre le generazioni”, questa recente entrata porta con sé un cambio di prospettiva nei confronti del lavoro che perde centralità nella vita dei più giovani. Contrariamente a quanto si possa pensare però, questo mutamento non significa che il lavoro non sia importante, ma che lo è alla pari di relazioni e tempo personale. La richiesta di un maggiore work-life balance è, infatti, anche il frutto di un ragionamento sulla qualità e non solo sulla quantità del tempo dedicato alla dimensione lavorativa. Questa grande evoluzione è probabilmente dovuta alla forte condizione di precarietà che caratterizza l’esperienza della Gen Z.

Gli under 30 sono al momento svantaggiati nei seguenti ambiti: – opportunità di promozione – ottenimento ruoli di responsabilità (nonostante siano in possesso di titoli di studio) – ottenimento di una retribuzione giusta rispetto alle proprie mansioni – possibilità di partecipare a meeting e di collaborare attivamente nella pianificazione/miglioramento delle attività aziendali”.

Rispondente 1197

Tutte queste difficoltà hanno effetti sul raggiungimento dell’indipendenza economica e sulla realizzazione degli obiettivi di vita adulta (ad esempio, acquistare una casa, avere dei figli, fare investimenti sulla propria formazione e crescita professionale, viaggiare) e, di conseguenza, anche un grande impatto psicologico e ripercussioni sulle sfere sociali e relazionali.

Una critica spesso avanzata nei confronti dei giovani della Gen Z è che, dato il loro livello di istruzione maggiore rispetto alle altre generazioni, questi ritengano di avere già le competenze e conoscenze necessarie per il mercato del lavoro. Lo stereotipo però viene smentito dalla ricerca che ha registrato nelle risposte dei più giovani un grande desiderio di apprendere di più e meglio in funzione di una crescita personale e aziendale.

Millennials

 

Sono parte dei Millennials tutte quelle persone nate tra il 1980 e il 1995 che, grazie ad alti livelli di formazione ed esperienza sul campo, vengono considerate nella golden age della loro carriera lavorativa. Tuttavia, nonostante siano il cuore dell’operatività e creatività aziendale e rivestano un ruolo molto centrale all’interno dei team multigenerazionali, vengono spesso trattate come figure junior a cui vengono riconosciuti pochi ruoli di responsabilità o che, a parità di ruoli con colleghi più senior, non ricevono lo stesso salario. Infatti, dai dati raccolti dalla ricerca il 36% dei Millennial ritiene la propria età un ostacolo per ottenere una promozione, mentre il 26,6% riscontra difficoltà per lo sviluppo professionale e personale sempre per cause anagrafiche. Ciò riguarda anche la difficoltà nell’esprimere e far valere la propria opinione, un limite che il 23,9% delle persone di questa generazione percepisce come una problematica rispetto ai colleghi Baby Boomer e Generazione X.

Mi pesa molto il fatto che la mia esperienza professionale interessi poco a molti colleghi e che si venga considerati “junior” pur avendo anni di esperienza e raggiunto traguardi significativi… si sente ancora ‘devi fare la gavetta perché sei giovane’… C’è bisogno di un vero cambio culturale su questo punto in molte aziende italiane. Il fatto di essere una donna e magari anche giovane è ancora più frustrante perché spesso certi colleghi non considerano – o pochissimo – il nostro punto di vista e il valore che possiamo portare”.

Rispondente 1095

Generazione X

 

Ad essere opinion leader dell’azienda sono le persone della Generazione X, cioè quelle nate tra il 1965 e il 1979. Le figure professionali appartenenti a questa categoria godono di grande centralità all’interno del contesto lavorativo e, meno di altre generazioni, percepiscono la propria età come ostacolo nel raggiungimento di ruoli di responsabilità in azienda. Nonostante siano dei veri punti di riferimento però, le paure che caratterizzano la Gen X assomigliano, anche se in maniera ridotta, a quelle dei colleghi più senior. Infatti, per questo gruppo l’età è spesso considerata un deterrente per promozioni (42,7% di rispondenti) e opportunità di sviluppo professionale (41,1%), quindi tutto ciò che potrebbe consentire loro di progredire ulteriormente nella carriera.

“La tendenza è di considerare le persone della mia generazione non più come persone pensanti, attive, dinamiche e in grado di dare ancora contributi importanti. Peccato, perché di fatti l’età media in azienda si avvicina molto alla mia età anagrafica”.

Rispondente 345

Baby Boomer

 

Le persone appartenenti alla categoria dei Baby Boomer, nate tra il 1946 e il 1964, sono le figure più senior attualmente presenti nel mercato del lavoro e, nonostante siano anagraficamente opposte alla Gen Z, vivono anche loro diverse difficoltà. Infatti, spesso questo gruppo fa esperienza di un vero e proprio limbo antecedente l’uscita dall’organizzazione: la percezione diffusa tra i dipendenti più senior è quella di un mancato investimento delle aziende nei loro confronti e una perdita progressiva di crescita professionale, anche quando non ci si trovi esattamente prossimi alla pensione. “Oltre le generazioni” ha però riscontrato che questa inattività è in contrasto con la volontà dei Baby Boomer di continuare a migliorare le proprie capacità (1 persona su 2 ritiene molto importanti le attività di upskilling e reskilling) e di trasmettere le proprie conoscenze al resto della popolazione aziendale.

Purtroppo le persone di una certa età spesso sono escluse da politiche meritocratiche. Il possibile traguardo di esodo volontario o incentivato diventa un ostacolo: ovvero se sei vicino alla pensione sei di fatto escluso dalle promozioni, anche se nel tempo le tue performance sono brillanti e magari migliori di quelle di altri/e”.

Rispondente 508

Altro stereotipo che la ricerca confuta è quello che riguarda la flessibilità e lo smart-working. I dati raccolti, infatti, indicano che l’importanza di avere orari di lavoro flessibili e poter lavorare anche non in ufficio sono temi sentiti da tutta la popolazione aziendale. Ciò sottolinea come, contrariamente al pensiero comune, le richieste di smart-working non provengano esclusivamente dai giovani, ma anche dai Baby Boomer che si avvalgono di questa modalità.

Nota di genere

 

Esaminando i dati raccolti in un’ottica intersezionale, si nota come donne e uomini di diversa età riscontrino difficoltà più o meno accentuate anche in base al proprio genere. Infatti, trasversalmente a tutte le età, le donne sono maggiormente svantaggiate e, nonostante attribuiscano più centralità al lavoro rispetto agli uomini, vivono le difficoltà specifiche di ogni generazione in maniera più intensa.

Le donne di giovane età sono ancora abbastanza “messe da parte” a meno che non abbiano le conoscenze relazionali giuste. Nonostante le competenze e la preparazione permane un trattamento da assistente-segretaria nei confronti della figura femminile, soprattutto in giovane età”.

Rispondente 1095

Per donne della mia età la prospettiva di una maternità è sempre presente come fattore di rischio aziendale”.

Rispondente 226

Mi sembra di capire che quando si parla di discriminazione in base all’età si faccia riferimento sempre o quasi sempre ai senior che discriminano i junior. Nella mia esperienza posso dire che non è così: la categoria più discriminata mi sembra invece quelle delle donne over 50, cioè la mia. Si diventa semplicemente invisibili. Non ti considera nessuno per un premio, per una promozione anche informale, per un cambio di attività che possa essere più stimolante. Come avviene nella società, le donne dopo i 50 spariscono. Una specie di morte civile”.

Rispondente 532

Andare “oltre” per valorizzare tutte le età

 

Nella società odierna il conflitto generazionale cresce e alimenta diverse forme di discriminazioni: con la natalità in calo e l’età media della popolazione in aumento e, allo stesso tempo, la congiuntura economica e l’aspettativa di vita che si alza, è sempre più difficile ottenere ricambio generazionale. Per questo è importante favorire scambi tra le generazioni, superando gli stereotipi e valorizzando i talenti di tutte le persone. Solo così le lavoratrici e i lavoratori di ogni età si potranno sentire accolti e apprezzati durante tutto l’arco della loro carriera e le aziende avranno a disposizione un capitale umano coinvolto e dedicato. Dando voce a figure esperte HR e DEI, la ricerca “Oltre le generazioni: esperienze, relazioni, lavoro” sottolinea la rilevanza di sostenere tutti i talenti senza limiti anagrafici:

– Aprire le iniziative di talent management a persone di varie fasce di età risulta essere una strategia “win-win”. Le persone in azienda si sentono maggiormente valorizzate e ingaggiate e l’azienda può avere a disposizione preziose competenze, altrimenti inutilizzate.

Per scoprire ogni aspetto della ricerca, visita la pagina dedicata.

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