Start up al femminile: a che punto siamo?

Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico, le start up a prevalenza femminile in Italia sono 1.054, il 13% del totale. Secondo Unioncamere, nelle imprese più grandi, già strutturate, la percentuale di donne aumenta poi fino al 21,7%. 1 su 5 insomma. Comunque non abbastanza: dati Istat alla mano, scopriamo che solo il 48,8% della popolazione femminile lavora. Meno della metà. Come mai? In parte è colpa dei soliti stereotipi di genere, duri a morire, e dello spettro della maternità.

Ma di esempi che ce la fanno ce ne sono. Non aspettano di farsi assumere e il lavoro se lo inventano, fondando la loro personale start up. La redazione di Io Donna ha intervistato 6 donne fondatrici di 6 start up innovative che hanno scommesso sul loro successo.

Chiara Burberi, 50 anni, ha fondato redooc.com, la piattaforma digitale più grande d’Italia per esercitarsi in matematica, con il 30% dei contenuti scaricabile gratuitamente. Lo slogan del team, 8 impiegati in tutto, è “La matematica è un gioco per tutti, basta allenarsi”.

Per Chiara Russo, 36, fondatrice di Codemotion, la programmazione è anche donna –  non solo uomo né solo per nerd. Nata nel 2011 come community di programmatori italiani, oggi Codemotion è una start up di robotica, coding e tech con un network internazionale di 570mila developers. Primi ad utilizzare i cosiddetti hackathon, o maratone di tecnologia, nel 2017 hanno pure ricevuto finanziamenti per 1,5 milioni di euro.

E poi c’è Betta Maggio, a capo di U-earth per combattere lo smog, e Sara Spadafora, che con Glix ha in mente una Milano per turisti smart. Caterina Casale, giovanissima, che con Let’s Webearable Solutions metterà in commercio una maglietta che permette di tenere sotto controllo i parametri biomedici, e Monica Regazzi, che mette all’angolo le agenzie immobiliari e ci fa trovare casa con Homepal.

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