UE: entro il 2026 CDA più inclusivi  

Entro il 2026 i CDA delle aziende saranno più inclusivi. Il 40% dei posti di amministrazione senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministratore dovranno essere occupati dal sesso sotto rappresentato: è quanto prevede la direttiva «Women on boards» adottata in via definitiva dal Parlamento europeo.  

L’obiettivo è avere maggiore trasparenza nelle procedure di assunzione in modo che, entro la fine di giugno 2026, uomini e donne abbiano la medesima possibilità di accesso nei CDA. Questo, ovviamente, nei casi in cui ci siano candidati ugualmente qualificati: rimarrà il merito il criterio principale.

«È un momento davvero storico e commovente: il soffitto di vetro che impediva alle donne di accedere alle posizioni di vertice delle aziende è stato infranto» ha commentato la Presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, dopo dieci anni dalla prima presentazione della normativa.   

Le società quotate dovranno fornire annualmente informazioni sulla rappresentazione di genere nei CDA e, se gli obiettivi non fossero stati raggiunti, spiegare come intendono ottenerli.  

Una procedura visibile e accessibile sui siti web delle società, per poter intervenire con misure sanzionatorie laddove non venga rispettata: una tutela in più per tutte le dirigenti d’Europa – seppur sia rivolta solo alle aziende con più di 250 dipendenti – considerando che al momento, nei consigli di amministrazione la quota delle presenze è in media del 30,6% (con forti differenze tra i paesi: Francia 45,3%; Cipro 8,5% -EIGE, 2021-). 

 

La situazione in Italia

Parametri che vedono l’Italia già in linea con le aspettative europee. Secondo i numeri presentati dalla Consob nel rapporto 2021, infatti, la presenza femminile negli organi di amministrazione delle società quotate in Italia ha raggiunto il massimo storico con il 41% degli incarichi.  

Un risultato ottenuto con gli anni, grazie alla legge Golfo-Mosca (legge 120/2011), che ha permesso pian piano di cambiare la visione del gender femminile nel mondo lavorativo con l’introduzione delle quote rosa nelle grandi imprese: dal 20% la percentuale delle donne nei CDA delle aziende è stata alzata al 30% nel 2015 e con la legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) portata poi al 40%. 

 

Donne al comando delle aziende: poche  

“Si tratta senz’altro di risultati positivi che necessitano tuttavia di un’ulteriore riflessione: nel nostro Paese le donne CEO nelle aziende sono solo il 3%, in diminuzione di un punto percentuale rispetto al 2020 – dice Cristiana Scelza, Presidente di Valore D -: è necessario che il tema della parità di genere e dell’inclusione delle diversità a 360° non sia percepito solo come un tema di compliance, ma anche come una questione squisitamente economica, di innovazione, di PIL e di valore sociale generato sia all’interno del board sia nelle organizzazioni”. 

  

Parlando di incarichi esecutivi, infatti, la Norvegia raggiunge una presenza del 26%, l’Irlanda del 15% (EWOB, 2021). Numeri a garanzia non solo di pari accessibilità di uomini e donne a ruoli di comando, ma anche di una società che vede la diversità di genere come sinonimo di equilibrio e di valore aggiunto.   

 

Gli ostacoli “in salita” 

Ed anche in Italia si ritiene che una azienda con una leadership equilibrata dal punto di vista del genere sia più performante: secondo il report Obiettivo 5 di EY, lo sostengono i tre quarti dei dirigenti – uomini e donne – intervistati a febbraio 2022.  

Emerge che le qualità di un leader non dipendono dal genere, per quanto su alcuni temi sono percepite differenze significative: i dirigenti pensano che l’autorevolezza sia una proprietà per lo più maschile, l’attitudine al problem solving più femminile, ma che entrambi siano in grado di raggiungere gli obiettivi di business e aziendali.

Unico neo: la promozione di più donne in posizione di leadership è una priorità soprattutto per le dirigenti. Gli uomini tendono più a dilazionare.   

Secondo la metà delle intervistate a febbraio 2022, realisticamente ci vorranno più di 10 anni per una posizione di equità negli incarichi dirigenziali: faticano a fare carriera come gli uomini. Le donne coordinano team più piccoli, mentre ai loro colleghi sono assegnati gruppi più numerosi. La maggior parte delle posizioni di potere sono occupate e non danno spazio a chi ha necessità a conciliare lavoro e famiglia: la barriera più grande verso la parità di genere a livello di leadership aziendale continua ad essere la maternità e i carichi di cura.

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