Busta paga più leggera per le donne, a ogni età

Le opportunità non sono (ancora) pari tra uomo e donna nel mondo del lavoro e uno dei riflessi più opachi di questa condizione è la perdita in busta paga. L’effetto è che una donna che scelga di dedicarsi alla famiglia potrebbe mettere a rischio la propria realizzazione economica. Dal 2006, l’indice Global Gender Gap del World Economic Forum indica l’andamento del divario di genere nel mondo. La differenza calcolata sui redditi medi annui l’anno scorso valeva in Italia il 43,7%.

 

È tra le sottili pieghe della carriera che si creano le diseguaglianze di genere. Le difficoltà emergono sin dal primo impiego. Un esempio: due ingegneri di sesso opposto a parità di curriculum universitario vengono assunti in un ruolo entry level. «I dati di Almalaurea mostrano che spesso la paga sarà più bassa per la ragazza, per una distorsione del datore di lavoro che sconta dall’inizio il momento della maternità della neoassunta», spiega Paola Profeta, docente alla Bocconi e esperta di economia di genere. Il meccanismo è quasi inconscio: si investe da subito sul ragazzo, progettando per lui un percorso di responsabilità e di bonus crescenti. «Ma capita anche che le ragazze si candidino per ruoli meno promettenti, pensando già alla futura famiglia», replicando automaticamente stereotipi ben radicati .

Col proseguire della carriera lavorativa, il divario non può che allargarsi. «Le aziende non promuovono perché si dà per acquisito che subentrerà anche la cura dei figli a sottrarre disponibilità alla carriera». Conciliare la vita lavorativa e quella personale non sembra possibile: «La carenza di servizi spinge molte donne a smettere di lavorare perché l’analisi costi-benefici rende la scelta più conveniente. Solo i profili più istruiti restano nel mondo del lavoro». Nelle famiglie con meno mezzi la lavoratrice si licenzia (o lavora part-time magari per prendersi cura anche degli anziani genitori).

 

L’ultimo passaggio è il gap pensionistico. Le pensioni, calcolate su contributi proporzionali al reddito, saranno più basse rispetto a quelle degli uomini, specie per le donne non in ruoli apicali e con carriera discontinua. Una trappola da cui è difficile uscire. «Per l’emancipazione, fermo restando che il basso tasso di occupazione femminile è il vero nodo, occorrerebbe una presa di coscienza più globale anche a livello di istituzioni».

 

Valore D promuove la campagna per la parità salariale #nopaygap

 

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