L’inclusione lavorativa e gap di genere
Complessivamente, le condizioni economiche sono peggiori rispetto a quello del resto delle famiglie: il loro reddito annuo equivalente medio è di 17.476 mila euro, inferiore del 7,8% di quello nazionale. Le iniziative di inclusione sociale in Italia non mancano, ma tutt’oggi emergono ancora significativi svantaggi delle persone con disabilità rispetto al resto della popolazione, a testimonianza del fatto che gli strumenti messi in campo non hanno ottenuto i risultati attesi, ma hanno solo attenuato le differenze. Le politiche di inclusione lavorativa sono state ispirate al principio della valorizzazione delle capacità degli individui con disabilità, tuttavia i livelli occupazionali sono ancora molto al di sotto della media nazionale e spesso i lavoratori con disabilità vengono relegati a svolgere mansioni secondarie.
Dei disabili tra i 16 e i 64 anni risulta occupato solo il 31,3%. Lo svantaggio è ancora più netto per la componente femminile – risulta occupata solo il 26,7% delle donne con disabilità mentre per i maschi la quota sale al 36,3% – uno scarto che ripropone le storiche differenze di genere nei livelli di occupazione. Allo stesso modo la registrazione degli avviamenti di rapporti di lavoro premia molto di più gli uomini. L’andamento registrato per gli avviamenti di fatto ricalca l’andamento del mercato del lavoro che proprio tra il 2008 e il 2010 segna una considerevole diminuzione del tasso di occupazione.
Il 18,1% sono disabili ancora in cerca di occupazione, la maggior parte uomini, rivelando una minore partecipazione femminile nel mercato del lavoro. La media del resto della popolazione è invece del 57,8%. Nota positiva viene dalla pubblica amministrazione la quale assume il 49,7% delle persone con disabilità. «Considerando gli attivi, ossia gli occupati, e le persone in cerca di occupazione – si legge nel rapporto Istat – il gap tra la popolazione con limitazioni gravi ed il resto della popolazione aumenta, infatti sono il 49,4% tra i primi e il 72,6% tra i secondi».
Posizioni mediamente meno elevate nella carriera lavorativa
Le persone con disabilità raggiungono posizioni mediamente meno elevate nella carriera lavorativa, circa il 54% sono operai o lavoratori in proprio (50,4% nel resto della popolazione), il 46% è un dirigente, libero professionista o quadro (49,6% nel resto della popolazione). La quota dei soddisfatti per le mansioni svolte tra gli occupati con limitazioni gravi è del 65,4%, mentre nel resto della popolazione sale a 75,9%.
Lo “svantaggio”, nella sua accezione più generale, deriva dalla difficoltà della persona ad essere correttamente integrata nel tessuto sociale, a causa della concreta mancanza di una pari opportunità; a tale gap si è pensato per lungo tempo di far fronte solo attraverso la formula dell’assistenza, ma l’inserimento lavorativo delle persone con limitazioni ha invece il duplice beneficio di favorire l’inclusione e offrire l’opportunità di realizzare una propria autonomia e arricchire un gruppo di lavoro.
Per un’effettiva autonomia è fondamentale quindi poter accedere ad una serie di servizi di sostegno e disporre di strumenti che siano in grado di favorire lo svolgimento delle attività quotidiane, offrendo concretamente la possibilità di condurre una vita indipendente. E agire per migliorare anche l’occupabilità delle persone con disabilità, ovvero la loro capacità di essere occupati, di cercare, trovare e mantenere un lavoro.
Per consultare il rapporto Istat completo “Conoscere il mondo della disabilità”