Gender pay gap: il 67% delle donne è insoddisfatta del proprio lavoro

Su Alley Oop – Il Sole 24 Ore la giornalista Maria Cristina Origlia parla di gender pay gap, sottolineando che quest’anno una lavoratrice in Italia ha guadagnato tra i 2.500 e i 9000 euro in meno del proprio collega. Oggi in Italia la differenza salariale tra donne e uomini nel settore privato è del 20,7% (Fonte: Eurostat, Gender Pay Gap Statistics 2019, Unadjusted Gender Pay Gap by economic control (%), su dati 2017).

Da una conversazione della giornalista con le due curatrici di un report Linklaters, le avvocate Federica Barbero e Angela Bruno, rispettivamente Employment & Incentives Practice Head ed Employment & Incentives Managing Associate di Linklaters Italia,  si dipinge un quadro piuttosto allarmante. Ad esempio, sappiamo che il 67% delle donne si dice insoddisfatta del proprio lavoro  a causa della mancanza di parità salariale. Da non sottovalutare inoltre la perdita di fiducia e di attrattività di un ambiente lavorativo, caratterizzato da una disuguaglianza evidente e percepito come non equo.

 

Le conseguenze di queste fenomeno si riflettono in performance meno brillanti da parte delle dipendenti, ricadono negativamente sull’organizzazione, e individualmente le conseguenze sul lungo periodo si concretizzano in un reddito pensionistico inferiore rispetto a quello percepito dai colleghi maschi, a causa della minore contribuzione versata nel corso del rapporto di lavoro. Le differenze accumulate durante la vita lavorativa si riflettono anche nella pensione: le donne prendono il 28,6% in meno rispetto agli uomini.

 

 

Il vero problema – evidenzia il report – è che il nostro Paese, come dimostra anche il Gender Pay Gap Index messo a punto dal World Economic Forum, è quello che sta meno intervenendo sulle cause del fenomeno, posizionandosi nel 2018 al 70esimo posto nel mondo per accesso al mercato del lavoro, retribuzione e avanzamento di carriera della donna.

 

L’esempio positivo di Linklaters

La differenza può farla davvero una scelta consapevole delle aziende, che si impegnano nel perseguire, giorno dopo giorno, policy tese alla gender equality e all’inclusion. Di casi eccellenti a cui guardare, sia in Italia sia all’estero, non ne mancano. Uno su tutti, proprio Linklaters, le cui strategie generali e attività quotidiane sono permeate da una chiara volontà di far parte di uno studio legale “best in class” per D&I, come dimostrano numerosi riconoscimenti, tra i quali la nomination come “Times’ Top 50 employers for women for the fifth year running in 2018”. Inoltre è parte integrante della strategia  rafforzare gli obiettivi di genere, per cui Linklaters punta almeno al 30% delle nuove nomine di partner femminili ogni anno. Quest’anno  l’obiettivo è stato superato, nominando il 37% di nuove partner donne a livello globale.

E forse proprio aziende come queste possono imprimere un cambiamento nella coscienza collettiva da parte delle donne e dell’intera società.

 

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