Il gender gap nelle società quotate in Borsa

Gli uomini ai vertici delle grandi società quotate a Piazza Affari guadagnano sei volte più delle donne. Il giornalista Ettore Livini su Repubblica di oggi tratteggia il divario che ancora caratterizza questo settore a netta prevalenza maschile. D’altronde i numeri parlano da soli: tra i 250 manager più pagati della Borsa di Milano nel 2018, le donne sono solo 17.  E i dieci dirigenti più ricchi del listino si sono messi in tasca in media una busta paga di 8,7 milioni a testa, mentre le dieci super-dirigenti circa 1,4 milioni.

 

Tuttavia il bicchiere mezzo pieno, parlando di discriminazioni di genere a Piazza Affari, è quello della rappresentanza. Nel 2011 il 93% dei consiglieri d’amministrazione erano masch, l’introduzione della legge Golfo-Mosca, che obbliga le aziende a garantire alle donne un terzo dei posti in consiglio, ha avuto l’effetto di far salire la percentuale femminile nei CdA dal 7 al 36%.

 

Il loro peso però è rimasto marginale: nel 2018 solo 14 delle quasi 300 aziende quotate aveva una donna come amministratore delegato. Più o meno lo stesso numero di cinque anni prima. E sul fronte delle remunerazioni le differenze restano abissali: 49 dei 50 dirigenti più pagati in Borsa sono maschi.

Anche nel settore pubblico – perlomeno per quella parte quotata in Borsa- il divario permane. Una sproporzione compensata in parte dal fatto che i quattro presidenti di Poste, Enel, Eni e Terna sono donne.

 

Qui l’articolo completo: Donne manager penalizzate in Borsa, guadagnano sei volte meno dei maschi

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