Oracle non è un posto per donne: il dipartimento del lavoro del governo a stelle e strisce ha denunciato il colosso dell’informatica per discriminazione nei confronti delle lavoratrici. Stessa mansione, 13mila dollari in meno all’anno.
Le autorità governative statunitensi hanno denunciato Oracle – il colosso dell’informatica – per discriminazione nei confronti delle donne. L’azione del dipartimento del lavoro rafforza le prove evidenziate in una recente class action che è stata intentata da 4200 lavoratrici della Oracle per discriminazioni retributive. Oracle fornisce servizi di cloud computing a livello mondiale e ha vari contratti con il governo federale a stelle e strisce per oltre 100 milioni di dollari l’anno: questo significa che ricade, come ad esempio Google, sotto la legge anti discriminazione e ai controllo del dipartimento del lavoro.
La denuncia a Oracle include anche la discriminazione verso le minoranze etniche, poiché è stata rilevata una crescente esclusione di neri e ispanici e legata a differenze di stipendio. Su circa 500 assunti per lavori tecnici negli ultimi quattro anni, la società ha ingaggiato solo 5 ispanici e 6 neri. Inoltre, sono stati sottopagati 11.000 dipendenti asiatici, con disparità salariali dell’8%, e 5000 donne, con un gap del 20%, ossia 37.000 dollari nel 2016.
Tra l’altro le accuse del governo americano contro Oracle riecheggiano quelle di una causa privata intentata da ex dipendenti che affermano che l’azienda le ha discriminate in base al sesso. Venerdì scorso, gli avvocati di quel gruppo hanno affermato in un nuovo processo per cui Oracle avrebbe pagato le donne 13.000 dollari in meno rispetto agli uomini in lavori comparabili con esperienza simile, sulla base di un’analisi dei dati sulle retribuzioni di Oracle.
Sulla questione si difende Oracle, che nel comunicato stampa rilasciato sostiene: “E’ una causa che riteniamo priva di fondamento, basata su accuse non vere e su un procedimento viziato all’interno dell’OFCCP (Office of Federal Contract Compliance Programs), che si basa su statistiche raccolte selettivamente, piuttosto che sulla realtà. Siamo in forte disaccordo con le accuse pretestusose e continueremo nel procedimento per dimostrarne l’infondatezza. Rispettiamo i nostri obblighi normativi, siamo impegnati per la parità di trattamento e orgogliosi dei nostri dipendenti”.
Resta il fatto che l’equità retributiva sia una questione di sempre più alto profilo nella Silicon Valley, parte di un esame più ampio della discriminazione razziale e di genere nell’assunzione, promozione e finanziamento, così come le molestie sessuali.