Mind the gap, the gender gap. Lo dicono le ricerche e i dati lo confermano: quando la gestione è equilibrata tra i generi, i risultati dell’impresa migliorano. Perché le donne hanno un valore aggiunto che può far volare la crescita. Un interessante e dettagliato articolo di Marina Marinetti su Economy fa il punto sul tema con dati e testimonianze.
Perché si dice donna manager e non occorre sottolineare uomo manager? Perché in Italia è donna solo 1 manager su 5 (in Europa 1 su 3, secondo Eurostat) e comunque il settore trainante del Pil, l’industria, è saldamente in mano agli uomini, con l’87,4% dei manager. Per lo stesso motivo per cui, a parità di ruolo, un uomo guadagna mediamente il 12,7% in più rispetto a una donna. Mediamente, perché nei ruoli apicali il divario si dilata fino al 14%.
Il vero gap, evidentemente, è culturale. Secondo l’agenzia Eurofound sottoutilizzare il capitale umano femminile costa all’Italia qualcosa come 88 miliardi di euro ogni anno. Ed è il McKinsey Global Institute a dire che, se nel mondo le donne avessero pari accesso degli uomini nel lavoro e nella società, il Pil globale crescerebbe del 26%, in Italia +15%. Una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro e imprenditoriale rappresenta per il nostro Paese, un fattore strategico di sviluppo e di trasformazione economica e sociale. Spiega il Presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla: «Le aziende che hanno adottato una leadership mista sperimentano maggiore competitività e innovano di più. Per questo sostenere le donne nel loro percorso di carriera per noi è una priorità: fa bene al sistema impresa e al sistema Paese».
Le performance delle imprese guidate da donne sono migliori di quelle guidate da uomini
Le società che hanno un top management al femminile hanno le performance migliori: l’ultima survey, relativa al triennio 2013/2018, ha evidenziato un tasso di crescita annuale composto del 2,8% per le aziende con almeno un quarto del board composto da donne. Lo studio sul gender balance di Sodexo per il 2018 conferma che il bilanciamento ottimale nel board è compreso tra il 40 e il 60% di presenza tra uomini e donne. Ottimale per il mero interesse degli azionisti, perché il board bilanciato incrementa il margine operativo dell’8%, la stabilità dei collaboratori dell’8%, la fedeltà del cliente del 9%, e persino la sicurezza nell’ambiente di lavoro, del 12% per l’esattezza. «Le imprese femminili spesso dimostrano di avere davvero una marcia in più», conferma Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario: «Sono dinamiche, e propense a intraprendere strade nuove, rischiando con idee innovative ma sempre attente alla sopravvivenza dell’azienda».
Chissà se nel 2023, quando la legge Golfo-Mosca cesserà di essere in vigore, il cambiamento culturale nel mondo dell’impresa sarà finalmente compiuto.