Riconoscere, valorizzare e rappresentare le differenze etnico-culturali nei contesti aziendali: da queste premesse nasce “Multiculturalità al lavoro: storie e dati dal mondo aziendale”, la nuova ricerca di Valore D presentata il 4 giugno a Milano, nella cornice della Sala Belvedere di Palazzo Lombardia, in collaborazione con Regione Lombardia.
Un incontro partecipato, che ha messo al centro le voci delle imprese e delle persone con background migratorio, le sfide del presente e gli strumenti per costruire ambienti professionali più inclusivi, consapevoli, strategici e competitivi, capaci di valorizzare la pluralità come leva di innovazione e crescita. L’evento ha segnato l’esordio pubblico di un lavoro articolato e corale, realizzato grazie al coinvolgimento di aziende del network Valore D, realtà del terzo settore, figure accademiche ed esperte, riunite in un Comitato Scientifico interdisciplinare.
Una ricerca nata da un’urgenza reale
Il progetto, curato dal Centro Studi di Valore D, risponde a una domanda concreta delle organizzazioni: comprendere e affrontare in modo sistemico l’impatto delle differenze etnico-culturali sui luoghi di lavoro, in un momento storico segnato da una crescente mobilità internazionale, dall’affermazione di seconde/nuove generazioni e da forme lavorative ibride che mettono in dialogo territori, culture e stili di vita differenti.
Tutto questo in un contesto italiano dove il tema della multiculturalità è spesso raccontato in modo parziale, emergenziale o stereotipato. Secondo i dati ISTAT più recenti, al 1° gennaio 2025 le persone straniere residenti in Italia sono oltre 5,4 milioni, pari al 9,2% della popolazione. Ma queste cifre non raccontano tutto. Non spiegano, ad esempio, come vivano e lavorino le seconde/nuove generazioni. Non mostrano il divario nell’accesso alle opportunità, né i percorsi segnati da ostacoli invisibili: difficoltà nel riconoscimento delle qualifiche, barriere linguistiche, discriminazioni.
Eppure, come mostra un recente studio McKinsey & Company, colmare il divario occupazionale delle minoranze etnico-culturali rappresenta un’opportunità concreta: fino a 120 miliardi di euro di contributo al PIL europeo, 50 miliardi in profitti aziendali e una copertura del 25% dei posti vacanti.
Il linguaggio conta: perché parliamo di multiculturalità
In questo lavoro, Valore D ha scelto con attenzione le parole da utilizzare, a partire dal titolo. Il termine “multiculturalità” viene impiegato come concetto ombrello che racchiude una molteplicità di esperienze: persone con background migratori differenti, con usanze e credo diversi, persone in movimento con storie più o meno privilegiate e anche persone nate e cresciute in Italia. Una pluralità che sfida semplificazioni e richiede di essere nominata con consapevolezza.
All’interno della pubblicazione, si utilizzano termini specifici – come razzismo e razzializzazione – per indicare dinamiche diverse tra loro, ma tutte presenti nel vissuto delle persone e anche nel linguaggio. Quest’ultimo è infatti una costruzione collettiva: nasce da un consenso sociale, cambia nel tempo e si arricchisce quando include chi, troppo spesso, è stato escluso dalla narrazione dominante.
È questa la direzione indicata dalla ricerca, che dà spazio alle voci di chi vive quotidianamente queste realtà. Perché non esiste una sola diversità culturale, ma storie diverse di multiculturalità che meritano di essere ascoltate e riconosciute.
Dati, voci, proposte: cosa contiene la ricerca
Il cuore del progetto è una ricerca qualitativa basata su focus group interaziendali con HR e responsabili DEI, e su interviste di approfondimento a lavoratrici e lavoratori con background migratorio e expat. A partire da queste testimonianze, il team di Valore D ha costruito una roadmap della multiculturalità composta da sei aree di intervento, con linee guida pensate per facilitare politiche organizzative più eque e strumenti operativi per agire il cambiamento.
A questa ricerca qualitativa si affiancano sette contributi originali firmati da figure esperte, che affrontano alcuni dei nodi centrali della multiculturalità in azienda: dalla misurazione delle differenze etnico-culturali alle barriere nell’accesso al lavoro per i giovani con background migratorio, dalla gestione del pluralismo religioso allo sviluppo della leadership interculturale, fino a un focus sul linguaggio come strumento di trasformazione.
Una pubblicazione per cambiare prospettiva
Il valore di questa ricerca non sta solo nei numeri, ma nell’approccio. Raccontare la multiculturalità al lavoro significa rompere l’idea di “diversità” come categoria astratta, marginale o generica, e riconoscere invece la pluralità di identità che abitano già oggi i contesti aziendali. Significa ascoltare esperienze che spesso restano ai margini e fare spazio a nuove narrazioni, capaci di rispecchiare meglio la realtà e contribuire a ripensare processi, linguaggi, dinamiche relazionali e scelte strategiche.
Come si legge nelle parti introduttive della ricerca:
“Portare al centro” significa dare spazio a storie ed esperienze che sono spesso considerate lontane dalla nostra vita, estranee ai contesti in cui operiamo e agli ambienti in cui vengono prese le decisioni di business più rilevanti”.
Scarica “Multiculturalità al lavoro: storie e dati dal mondo aziendale” in versione integrale.