Il debutto di Gita Gopinath, prima Chief Economist del FMI

La managing director del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde ha presentato a Davos con evidente gioia la prima donna nominata: Gita Gopinath.

Quando era all’Università a Nuova Delhi, all’inizio degli anni ’90, l’India ha sofferto una grande crisi economica con un duplice deficit commerciale e fiscale e il crollo della moneta. «Intervenne il Fondo Monetario Internazionale. Quell’evento mi ha spinto a interessarmi all’economia internazionale e ancora oggi influenza il mio modo di pensare», racconta Gita Gopinath, 47 anni, indiana con passaporto americano, docente a Harvard University e da gennaio nuovo capo economista del FMI. Dopo dieci uomini che hanno ricoperto quella posizione, è la prima donna.

 

Presentandola al World Economic Forum di Davos, dove Gita ha debuttato nella sua nuova veste per illustrare l’aggiornamento delle previsioni economiche mondiali del Fondo, Lagarde ha confessato di essere «straordinariamente entusiasta» di avere Gita nella sua squadra e di lavorare insieme. «Forse se non ci fosse stata un’altra donna al vertice non sarebbe successo – ammette Gita, chiamata dal Fondo per un colloquio -. «Le donne in economia sono pronte per occupare questi incarichi da molto tempo. Per fortuna il mondo sta cambiando e riconosciamo che sul merito solo una donna può lavorare», sostiene.

 

 

Nonostante gli studi l’abbiano portata negli Stati Uniti, è advisor economica anche del primo ministro dello stato indiano (chief minister). Dopo l’università e un Master in Economia alla New Delhi School of Economics, ha conseguito un master alla Washington University e un dottorato di ricerca (PhD) a Princeton University. Poi è entrata nel mondo accademico: prima assistente alla Business school dell’Università di Chicago, poi la cattedra a Harvard.

 

Mentre parla, si capisce dalla luce nei suoi occhi che Gita ha realizzato un sogno. «Lavorare al FMI mi offre la possibilità di lavorare sul campo, di mettere in pratica quello che finora ho insegnato all’Università». Le sfide non sono poche. «L’obiettivo resta la stabilità finanziaria, ma il Fondo ha notevolmente ampliato la sua sfera d’azione. Oggi ci occupiamo anche di climate change, perché è diventato un rischio serio tenuto in considerazione perfino dalle banche centrali, visto che rappresenta una minaccia per l’economia», sostiene.

 

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