Quanto pesa la diversità in busta paga

Giovani, donne, stranieri e contratti intermittenti: scopriamo tutte le diversità che in Italia ancora si rivelano con una busta paga più leggera. Ad esempio, c’è divario tra lavoratori nati in Italia e nati all’estero, tra uomini e donne, se si lavora al Sud o al Nord, a tempo pieno o part-time. Sono tanti gli elementi che fanno più ricca o più povera una busta paga. La Repubblica approfondisce il tema con lo speciale “Gender gap, le donne presentano il conto”.

 

Partiamo dai dati. Secondo l’Istat nel 2017 i lavoratori dipendenti del privato guadagnavano in media 11,25 euro l’ora, ma più di sei su cento erano sotto la soglia dei 7,5 euro. Sono i  “low pay job” e rappresentano i due terzi della mediana.

Tra uomini e donne si registra un gap del 7,4%, forbice ancora più ampia per gli stranieri. Tra Sud e Nord-Ovest divario del 16,2%. La forbice sale al 13,8% tra nati in Italia e stranieri.

 

Le differenze retributive per genere, età e nazionalità

I rapporti di lavoro che riguardano gli uomini sono il 59% del totale e registrano una retribuzione oraria mediana di 11,61 euro, superiore del 7,4% rispetto a quella delle donne (10,81 euro). Il trend è di calo rispetto al 2014, quando la forbice era di 8,8 punti.

Anche per età e nazionalità cambia lo stipendio. Si passa dai 10,03 euro dei giovani (classe di età 15-29 anni) ai 12,46 euro dei lavoratori più anziani (età maggiore o uguale a 50 anni). La retribuzione oraria mediana dei rapporti di lavoro di dipendenti nati in Italia (che sono l’83,3% del totale) è pari a 11,53 euro, superiore di 1,40 euro rispetto a quella dei lavoratori nati all’estero, con un differenziale del 13,8%.

Inoltre è da notare che il differenziale retributivo dei lavoratori nati all’estero rispetto a quelli nati in Italia è negativo e più ampio per i lavoratori nati nei paesi extra-europei (-13,2%) rispetto a quello dei lavoratori nati in paesi europei (-9,4%).

 

 

Anche la cartina geografica si riflette sulle buste paga. “Le retribuzioni orarie mediane più basse si osservano per i rapporti di lavoro di imprese localizzate nelle regioni del Sud (10,25 euro), il valore più elevato in quelle del Nord-ovest (11,91 euro) con un differenziale retributivo pari al 16,2 %” riporta l’Istat.

 

Contratti di lavoro: crescono gli intermittenti

Nel report dell’Istat si annota infine che, “anche a seguito dell’abrogazione dei voucher, il numero di posizioni lavorative interessate dal contratto di lavoro a chiamata passa da 413,6 mila (con 336,6 mila individui diversi coinvolti) nel 2014 a 673 mila (con 520,2 mila individui) nel 2017 e continua ad aumentare anche nel 2018 seppure a tassi decrescenti”.

Negli anni “sta crescendo anche la quota di rapporti a chiamata con contratto a tempo determinato (dal 66,2% del 2014 al 82,5% del 2017). Il differenziale retributivo dei lavoratori con contratto a chiamata rispetto a tutti gli altri lavoratori con tipologia contrattuale differente è pari a -9,3% per le retribuzioni mediane”.

 

 

Per approfondire il tema, puoi consultare il report “I differenziali distributivi in Italia 2017” 

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