Age management: sfide di una nuova organizzazione del lavoro

L’aumento dell’età media dei dipendenti, che lavorano 10-15 anni in più delle precedenti generazioni, e la digitalizzazione, da cui nasce l’esigenza di nuove competenze e che porta a investire sui giovani. Su Wall Street Italia Barbara Weisz approfondisce il tema dell’age management e la sua crescente complessità, come indagato anche dalla ricerca Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro”.

 

Digitalizzazione e convivenza di lavoratori di diverse generazioni, “due trend difficili da coniugare” sottolinea Isabella Covili Faggioli, presidente Aidp. Come? “Attuando politiche di diversity e affrontando adeguatamente i temi relativi a competenze, formazione, sicurezza” sintetizza Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali: “Alle aziende si pone la sfida di una nuova organizzazione del mercato del lavoro: devono chiedersi come accompagnare le diverse età lavorative. “Una volta in azienda c’erano al massimo due generazioni, adesso ce ne sono tre o quattro”, segnala la presidente Aidp. Servono nuovi strumenti contrattuali. Un 60enne che lavora da tanto tempo e ha dei risparmi, avrà bisogno di meno soldi di un 30enne o di un 40enne con famiglia.

 

Claudia Manzi, docente di psicologia sociale alla Cattolica di Milano e responsabile scientifico di “Talenti senza età” di Valore D, premette che ci sono imprese virtuose, ma anche aziende che ritengono una popolazione lavorativa invecchiata un impoverimento. “Sono stereotipi, pensano che i lavoratori senior siano meno motivati, più lenti e meno perfomanti. In questi casi le imprese non fanno nemmeno formazione, ritenendo il lavoratore over50 o over60 come persona non più in grado di imparare. Da punto di vista scientifico non ci sono evidenze – dice Manzi – anzi sono proprio gli over50 che chiedono alle imprese formazione e welfare aziendale. Investire sulle carriere non è un costo, ma porta benefici economici”.

 

La fotografìa dei lavoratori over 50

Il report 2019 “Talenti senza età” elaborato da Valore D, ha delineato le caratteristiche reali dei lavoratori over50, analizzate attraverso diversi indicatori: condizioni di vita e carico di cura, percezione dell’invecchiamento, conciliazione vita privata – lavoro, capitale sociale, percezione dell’ambiente lavorativo, motivazione al lavoro. La riuscita di politiche di Age Management dipende anche dalla capacità dell’azienda di prevedere programmi per diverse fasce di età, analizzando la possibile presenza di conflitti di interesse generazionali.

 

Fonte: Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro, 2019

 

Nel 77% dei casi sono persone che vivono in coppia, e metà hanno un figlio. Il 12% sono single, più frequentemente donne. Il carico di cura riguarda in genere i figli, nel 14% i nipoti mentre quasi un over50 su tre è caregiver di almeno una persona anziana e non autosufficiente. Fra le donne la percentuale di caregiver sale al 34%.

 

Negativo il dato economico: circa la metà del campione si ritiene in difficoltà, l’ll,5% non arriva a fine mese e un 30,3% ci arriva con fatica. Qui assume importanza il settore dell’azienda in cui si lavora: la situazione è migliore nel bancario, peggiore nell’ambito università e ricerca. Oltre il 60% dei lavoratori over50 ha problemi di conciliazione vita-lavoro. Le donne percepiscono leggermente di più la presenza di discriminazioni legate all’età e questa percezione aumenta nelle aziende in cui gli over50 sono in minoranza o in maggioranza, mentre risulta inferiore quando c’è un maggiore equilibrio intergenerazionale.

 

Fonte: Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro, 2019

 

 

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