La banca americana Citi ha pubblicato nei giorni scorsi il GPS report “COVID-19 Eroding Female Labour Force Participation and Growth” per indagare come la crisi da Covid-19 può peggiorare il benessere e l’occupazione delle donne, con serie ripercussioni per tutta la collettività.
Nel complesso, in un sottoinsieme di economie (esclusa la Cina) esaminate dal rapporto di Citi, un totale di 44 milioni di dipendenti perderà il lavoro a causa della pandemia. Di questi, circa 31 milioni saranno probabilmente donne rispetto a circa 13 milioni di uomini. Se le previsioni sono accurate, la perdita equivalente al Pil reale potrebbe essere di circa 1 trilione di dollari, un calo del 3,6% su base annua della crescita del Pil che ci aspettiamo nel 2020 da mancata partecipazione femminile all’economia.
Un impatto disomogeneo per genere
Sebbene l’effetto della pandemia sia globale, i primi dati raccolti indicano una ripartizione disomogenea della perdita di posti di lavoro tra i generi – le donne stanno sopportando il peso dei licenziamenti a un tasso molto più alto rispetto agli uomini. Ciò è dovuto in gran parte alla segmentazione delle lavoratrici in settori che sono stati influenzati negativamente dalle interruzioni causate dal Coronavirus, ad esempio, le donne occupano il 75% o più dei posti di lavoro nel settore della cura della persona e circa il 70% nel settore dell’istruzione. Più di 220 milioni di donne in tutto il mondo si trovano in settori vulnerabili ai tagli di posti di lavoro a causa della pandemia di Coronavirus.
Oltre a un più alto rischio di perdere il posto di lavoro, sono in maggioranza le donne a occuparsi del lavoro di cura e di assistenza dei bambini e degli anziani, il che aumenta il rischio che non riescano a rientrare nella forza lavoro. Inoltre c’è il rischio che gli eventuali guadagni ottenuti in termini di partecipazione femminile alla forza lavoro negli ultimi cinque anni vadano persi.
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Poiché le donne hanno maggiori probabilità di lavorare in settori altamente vulnerabili ai tagli di posti di lavoro legati al coronavirus, è molto probabile che il loro rischio di disoccupazione aumenti, il che potrebbe portare a tassi di povertà più elevati per le donne. I settori a prevalenza femminile possono non solo subire forti tagli alle retribuzioni, ma anche non recuperare tutti i posti di lavoro persi durante la pandemia.
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La possibilità per le donne di lavorare è ostacolata anche dalle dinamiche culturali e familiari, esasperate dall’home schooling. Le donne spendono più nel lavoro di cura non retribuito rispetto agli uomini: si parla di i lavori domestici, la cura dei bambini e l’assistenza agli adulti a carico. I dati rivelano che le donne sono più propense ad adeguare le proprie attività lavorative (ad esempio, ridurre le ore di lavoro, prendere un congedo familiare, cambiare lavoro) per accogliere la cura dei bambini rispetto agli uomini. Notiamo che le donne hanno più probabilità di ricorre al part-time involontario rispetto agli uomini, mentre Citi sottolinea che ci sono sufficienti dati in letteratura da sostenere che le politiche volte a incoraggiare e sostenere l’occupazione a tempo pieno aiutano a ridurre i divari retributivi e di forza lavoro femminile.
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Per leggere il rapporto completo (in inglese) “COVID-19 Eroding Female Labour Force Participation and Growth”