Anche se negli ultimi dieci anni sono stati fatti alcuni progressi, le donne sono ancora sottorappresentate e la situazione, anche a livello di governo locale e regionale, è preoccupante, secondo il studio “Women in politics” pubblicato dal Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa. Di questo passo, quanti anni ci vorranno prima che si raggiunga un equilibrio di genere in politica? Secondo lo studio, al ritmo attuale, 107 anni.
La situazione globale: una prospettiva di incremento
Secondo le Nazioni Unite, emerge come a livello mondiale si assista a un incremento della presenza femminile nei parlamenti e nei governi nazionali. Nonostante le donne siano ancora sottorappresentate nelle posizioni di leadership, negli ultimi 20 anni (dal 1998 al 2018) si è passati da 12 a 21 donne nel ruolo di capo di stato o di governo. Inoltre, le donne ricoprono solo il 18% dei ruoli ministeriali a livello mondiale, e sempre in settori come ambiente, risorse naturali e settori sociali (sanità, istruzione).
Per approfondire, vedi qui la mappa delle Nazioni Unite Women in Politics: 2019
Uno sguardo all’Europa
Una Commissione europea molto al femminile, una presidente alla BCE, in Finlandia la prima ministra, Sanna Marin, è la più giovane al mondo a capo di una coalizione di partiti tutti a guida femminile.
A raccontarla con queste notizie sembra che la questione della partecipazione femminile alla politica stia vivendo un risveglio, come sostiene un articolo apparso di recente su Alley Oop del Sole 24 Ore. E qualche buona pratica, come per esempio la conquista del traguardo del 40% di donne nella media e alta dirigenza della Commissione europea. I casi virtuosi, però, si esauriscono presto: guardando più sotto, al livello locale o regionale, le percentuali raccontano un rilancio molto timido.
Dal 2008 le elette nelle amministrazioni locali sono passate solo dal 23,4% al 29% e oggi i sindaci donna sono il 15%. La percentuale media di donne nei consigli comunali rimane al di sotto del 30% (28,9%) ed è solo leggermente più alta nelle assemblee regionali (30,9%).
A ben vedere, il campanello di allarme non ha mai smesso di suonare e, addirittura ultimamente il suo volume si è alzato: sulla strada del cambiamento ci si sta muovendo “a passo di lumaca” , dice l’annuale Equality Index dell’EIGE (l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere). Quando si parla di equità e giustizia, nonostante le coscienze sembrino oggi più allerta, la situazione appare ancora arretrata, se proprio non in stallo.
Lo studio “Women in politics” pubblicato dal Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa mostra quindi un quadro generale non rincuorante della presenza femminile negli organi di governo locale e regionale. Non si tratta di dati irrilevanti o statistiche per soli esperti, bensì di fenomeni che incidono sulla quotidianità di tutti. Se, infatti, un solo gruppo (in questo caso, solo gli uomini) ha il potere di decidere, tutta una parte di necessità o bisogni passano in secondo piano o non vengono compresi completamente, e le risposte date, poi, possono non essere adeguate per la fatica a prendere in considerazione punti di vista diversi.
Il caso italiano
L’Italia attualmente si colloca sopra la media, con un +25,6% guadagnato in 16 anni, che costituisce la crescita più forte del periodo considerato (appena davanti al +25,5% della Francia) secondo dati Youtrend. Partita terzultima con un 10,2%, l’Italia ha avuto un aumento vertiginoso soprattutto con le elezioni del 2013, nelle quali la percentuale di donne elette è aumentata del 10%. Oggi, con il 35,8%, il nostro Paese si trova in nona posizione in Europa, subito dietro Austria, Francia e Portogallo. Stando ai dati di Agi, gli equilibri sono leggermente più bilanciati alla Camera (225 donne su 630 deputati) che al Senato (110 su 320).
In Italia le donne elette nelle amministrazioni locali sono una su sette (il 14,3%), un “leggero cambio di passo” verificatosi nell’ultima tornata elettorale che, onestamente, sembra davvero ben poca cosa. Non è nemmeno una novità il fatto che le donne abbiano più difficoltà a conciliare impegni personali e familiari con l’impegno politico; se superano il processo di selezione, hanno accesso più limitato a fondi per le campagne elettorali e, solitamente, ricevono meno attenzione da parte dei media e soffrono poi di minore fiducia in se stesse.
Conclusioni
Se si vuole raggiungere l’obiettivo di una partecipazione equilibrata di donne e uomini al processo decisionale politico e pubblico, è necessario agire subito, ricorda l’UE. Occorre raddoppiare gli sforzi per reclutare un maggior numero di donne – di ogni età e provenienza – in politica. Ciò richiede una maggiore sensibilizzazione sulla parità tra i generi affrontando gli stereotipi di genere dannosi e sostenendo i benefici di una leadership di genere equilibrata.