Gender Pay Gap: quello della Repubblica Ceca è fra i peggiori in Europa

Secondo le statistiche Eurostat relative al livello di gender pay gap nei vari paesi europei, quello della Repubblica Ceca è tra i due peggiori, insieme all’Estonia.
Gli ultimi dati del 2016 mostrano che il divario retributivo di genere della Repubblica Ceca era del 22,5%, a fronte di una media europea del 16,7%. Nel 2013, lo stipendio medio era di 30.000 CZK per gli uomini e di 25.000 CZK quello per le donne.

Prima dell’adesione della Repubblica Ceca all’UE nel 2004, la Commissione aveva stabilito che le pari opportunità tra uomini e donne dovessero essere fra le priorità che la nazione avrebbe dovuto dimostrare di possedere. Eppure, nonostante l’ingresso del paese nell’Unione, le differenze di genere nel mercato del lavoro sono ancora presenti e radicate. Ce ne parla chiaramente il rapporto “Gender Pay Gap in the Czech Republic” dell’Istituto di Ricerca per il Lavoro e gli Affari Sociali RILSA di Praga.

Lo studio mette in luce che il divario è solitamente elevato nelle professioni che richiedono un alto livello di specializzazione e meno, invece, in professioni meno impegnative. Disparità salariale e livello della professione, dunque, sembrerebbero essere inversamente proporzionali. Ad esempio, la differenza all’interno dell’intero settore educativo è del 28%, in quello turistico e della ristorazione è del 36,6%, mentre fra i camerieri è pari a circa il 15%.

I fattori che influenzano maggiormente questo divario dipendono dal tempo dedicato al lavoro e da una certa diffusa segregazione di genere del mercato del lavoro. Racconta lo studio del RISLA che, mediamente, gli uomini lavorano 43,5 ore settimanali, mentre le donne 40,8 (il 6,6% in meno). Inoltre, quasi il 77% dei dipendenti part-time è donna.

E non è la bassa qualifica delle dipendenti femminili a causare questo divario. Il 61% di chi ha terminato gli studi universitari nel 2013, infatti, era donna. Secondo l’Ufficio Statistico Ceco, il divario si verifica soprattutto tornando in ufficio dopo il congedo di maternità. Per il momento, infatti, le dipendenti possono chiedere di lavorare in modalità smart working, ma il datore di lavoro non è obbligato ad acconsentire. Basti poi pensare che, nel 2012, solo 5.249 padri (e 301.163 madri) avevano fatto uso del congedo parentale.

Dati i numeri allarmanti nel paese, la Commissione europea ha deciso di sostenere la posizione delle donne nel mercato del lavoro offrendo, per esempio, i cosiddetti “club per bambini” finanziati dalla stessa UE, che non sono solo gratuiti, ma seguono anche orari di apertura molto flessibili. Un’altra offerta consiste nell’introduzione del congedo di paternità di almeno 10 giorni alla nascita del figlio, oltre a quattro mesi di congedo parentale fino ai 12 anni non trasferibili da un genitore all’altro. La direttiva è ora nelle mani dei deputati della commissione europea, ma il processo non sarà breve: dopo i primi emendamenti, la proposta dovrà essere approvata dagli altri stati membri.

Articoli correlati