Dopo il via libera del Consiglio dei Ministri la Legge di Bilancio, con una manovra da 30 miliardi, approda al Senato per l’esame parlamentare. Congedo di paternità obbligatorio e retribuito di 10 giorni, decontribuzione del 50% per le donne che rientrano al lavoro dopo la maternità, più risorse al fondo per la parità salariale di genere. È con queste tre mosse che il disegno di legge di Bilancio 2022 punta a invertire la rotta sull’occupazione femminile e sul gender pay gap.
Congedo di paternità
Dal 2022 il congedo di paternità obbligatorio di dieci giorni (entro i cinque mesi dalla nascita del figlio) diventa strutturale. Il congedo era stato alzato da sette a dieci giorni con l’ultima manovra, ma solo per il 2021. Queste misure potrebbero aiutare a colmare parte delle differenze di genere senza compromettere la tenuta delle economie o le prestazioni dei dipendenti, come sottolinea anche il Sole 24Ore. Periodi di paternità più lunghi non minano le carriere degli uomini che li prendono e impattano positivamente sullo sviluppo nei bambini di modelli di condivisione tra uomini e donne delle responsabilità familiari. Questo aiuterebbe a colmare il gender gap esistente anche perché, spesso si dimentica di puntualizzare, mirerebbe a equiparare le posizioni di padri e madri sui piano dei costi sostenuti dai datori di lavoro.
Decontribuzione per le lavoratrici madri
Viene conosciuto l’esonero al 50% per un anno del versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato che rientrano al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità. La misura è sperimentale. «È interessante – spiega Paola Profeta, docente di Scienza delle Finanze all’Università Bocconi al Sole 24 Ore – la focalizzazione sulle lavoratrici madri, perché viene introdotto una strumento che punta a essere uno stimolo al rientro al lavoro alla fine della maternità obbligatoria. Un modo per invertire la rotta: finora infatti l’attuale contesto normativo è stato di fatto più un incentivo ad allungare i tempi del rientro, se non addirittura ad arrivare al licenziamento».
Parità salariale di genere: un fondo da 52 milioni
Il Fondo per il sostegno alla parità salariale di genere è pari a 52 milioni di euro l’anno. Le risorse andranno destinate «al sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche attraverso la definizione di procedure per l’acquisizione, da parte delle imprese pubbliche e private, di una certificazione della parità di genere cui siano connessi benefici contributivi a favore del datore di lavoro». La certificazione di parità è prevista nel PNRR ed è disciplinata da una legge approvata definitivamente al Senato il 26 ottobre (AS 2418). Per la piena attuazione della certificazione servono, tuttavia, una serie di decreti attuativi. Le aziende che la conseguiranno avranno diritto a uno sconto sui contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per il 2022, pari all’1%, fino a 50mila euro annui per azienda.
Per approfondire il tema della certificazione di genere, ne abbiamo parlato qui.
Politiche per la parità di genere: un piano strategico
Oltre agli interventi economici, il Ddl di Bilancio prevede l’adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere, «in coerenza con gli obiettivi della Strategia europea per la parità di genere 2020-2025».Verrà realizzato un Piano strategico per combattere gli stereotipi di genere e colmare i divari nel lavoro, nelle retribuzioni e nelle pensioni. L’obiettivo è «individuare buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere, colmare il divario di genere nel mercato del lavoro, raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici, affrontare il problema del divario retributivo e pensionistico e colmare il divario e conseguire l’equilibrio di genere nel processo decisionale».
Per approfondire l’importanza di un approccio di genere nelle politiche necessarie alla ripartenza leggi anche “Women’s Forum G20: ridisegnare un futuro con le donne al centro”