Il futuro del lavoro secondo l’OCSE

I cambiamenti apportati dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione continuano a modellare il nostro modo di lavorare e di vivere. Oggi si parla molto del futuro del lavoro, ma quali sono le prospettive e le tendenze globali? Quali sfide si pongono per l’Italia? I dati contenuti nel recente Employment Outlook 2019 dell’Ocse suggeriscono utili spunti di riflessione.

 

Disuguaglianze e automazione

Anche se il numero di occupati probabilmente non diminuirà, la qualità del lavoro e le disuguaglianze tra lavoratori, in paesi come l’Italia, potrebbero peggiorare. Diffusa è la preoccupazione che i cambiamenti tecnologici e la globalizzazione possano distruggere molti posti di lavoro: mentre alcuni potrebbero scomparire (il 14% è ad alto rischio di automazione in media tra i paesi OCSE), nuovi lavori saranno creati. Tuttavia, la transizione non sarà facile e, senza un’azione immediata, questa è una delle cause per cui le disparità che già caratterizzano il mercato del lavoro potrebbero aumentare.

Un altro punto debole è la qualità e la tutela del lavoro: nel nostro Paese la quota di lavoro temporaneo è superiore alla media Ocse (15,4% contro 11,2%) ed è cresciuta notevolmente nell’ultimo decennio. Contemporaneamente, la quota di lavoratori sottoccupati è più che raddoppiata dal 2006, ed è ora la più alta tra i Paesi Ocse (oltre il 12% contro meno del 6%).

 

Formazione e invecchiamento

La formazione permanente è fondamentale per aiutare i lavoratori più vulnerabili a destreggiarsi in un mercato del lavoro in cambiamento. Solo il 20,1% degli adulti in Italia ha partecipato a programmi di formazione professionale nell’anno precedente la rilevazione. Questo, unitamente al rapido invecchiamento della popolazione in molti paesi, come l’Italia, aggraverà ulteriormente le sfide per l’occupazione. Nel 2015  si contavano 28 persone di 65 anni e più su 100 persone in età lavorativa. Entro il 2050 questo rapporto dovrebbe raddoppiare.

 


 

Crescono i lavoratori over50

Ad esempio, in Italia i lavoratori over50 sono il doppio del numero degli occupati fra i 25 e i 34 anni: i giovani impiegati in Italia sono 4 milioni, i 50-70enni nel 2018 hanno raggiunto gli 8 milioni 546mila (dati Istat). Ma quasi 1 lavoratore su 2 over50 (45,7%) al lavoro si sente “in difficoltà” pur avendo ancora potenziale da esprimere. Spesso i lavoratori over 50 vengono messi da parte, nonostante esperienze, capacità, risultati portati. La seconda edizione di “Talenti senza età: donne e uomini over50 e il lavoro realizzata da Valore D, in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano, che potete leggere qui.

Ma urge un cambio di rotta, perché in un Paese che invecchia sempre di più i cinquantenni sono destinati a restare in azienda per molti anni ancora.

 

Il futuro è nei servizi

Ma non è tutto. L’invecchiamento avrà anche un impatto diretto sui tipi di posti di lavoro disponibili, poiché l’economia e il consumo delle persone si sposteranno da beni durevoli (come le automobili, le case ecc.) verso servizi (come l’assistenza sanitaria). La sfida consiste nell’integrare un gran numero di giovani nella forza lavoro in modo che traggano vantaggio da questo dividendo demografico per stimolare la crescita e prepararsi alla transizione verso una popolazione molto più anziana.

 

Qui puoi consultare l’Employment Outlook 2019 dell’Ocse completo 

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