Una premiazione storica. Alla 92esima edizione degli Academy Awards per la prima volta un titolo non in lingua inglese vince il premio come miglior film. Non solo, il regista coreano Bong Joon-ho si porta a casa anche le statuette come miglior regista, film internazionale e sceneggiatura originale. Fa notizia, perché quando si tratta di percorrere la strada di diversità e inclusione, sia davanti che dietro la macchina da presa, sembra che Hollywood se la prenda con calma.
L’ultima ricerca in merito è l’Annenberg Inclusion Initiative della USC – guidata da Stacy L. Smith – intitolata “Inequality Across 1,300 Popular Films: Examining Gender and Race/Ethnicity of Leads/Co-Leads from 2007 to 2019” ha esaminato i 100 film con i maggiori incassi del 2019. Ne emergono dati interessati: ad esempio, un grande passo avanti per quanto riguarda i film con protagoniste donne o persone di colore nell’ultimo anno. Ma quanto è inclusiva l’industria cinematografica?
La lenta marcia verso un futuro più inclusivo
Per prima cosa, il report Annenberg Inclusion Initiative ha preso in considerazione il gender gap, calcolando che 43 dei primi 100 film per incassi avevano protagoniste o co-protagoniste, 16 dei quali provenivano da gruppi etnici sottorappresentati. Meglio del 2018, quando 39 film nella top 100 avevano una protagonista o una co-leader donna, 11 dei quali erano personaggi di colore. Nel campione complessivo preso in analisi, il 29% dei 1.300 film aveva una protagonista o una co-leader donna. A titolo di confronto, nel 2007, solo 13 dei 100 migliori film avevano protagonisti o co-leader di colore, e solo 20 dei 100 migliori film avevano donne come protagoniste o co-leader.
Inoltre, 31 dei primi 100 film del 2019 per incassi avevano “un attore protagonista o co-leader di un gruppo etnico sottorappresentato“, rispetto ai 27 del 2018. Nell’intero campione di 1.300 film, il numero di persone di colore nei ruoli di protagonista o co-leader era del 17%.
Il gender gap dietro la macchina da presa
In tutta la storia degli Oscar, solo 5 donne sono state nominate come miglior regista: la prima, nel 1977 Lina Wertmüller, poi abbiamo dovuto attender il 1994 con Jane Campion, Sofia Coppola nel 2004, Greta Gerwig (2018) e Kathryn Bigelow, che nel 2010 è diventata l’unica donna ad aver vinto il premio come miglior regista per il suo film sulla guerra in Iraq The Hurt Locker, che ha anche vinto come miglior film e per la migliore sceneggiatura originale. Dopo la grande vittoria di Bigelow, nessuna regista è stata nominata nella stessa categoria fino al 2018, quando la Gerwig è stata nominata per il suo debutto alla regia, con Lady Bird.
Secondo l’USC Annenberg Inclusion Initiative, per la prima volta in oltre un decennio, la percentuale di donne che lavorano come registe in alcuni dei più grandi film di Hollywood sono aumentati. Tuttavia, solo 12 dei film di maggior incasso del 2019 sono stati diretti da donne. L’autrice dello studio Stacy L. Smith ha commentato: “Dato che il numero di film con protagoniste donne continua ad aumentare, è fondamentale che le donne stesse abbiano l’opportunità di raccontare queste storie con la loro voce – così come quelle con protagonisti maschili” ha commentato Smith.
Dai numeri emerge chiaramente che Hollywood e l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences riserva ancora relativamente poco spazio alle donne, sia per le candidature che in generale per tutto il mercato cinematografico.
Solo in premi tradizionalmente attribuiti alle donne (sartoria e costumi) persiste una forte presenza femminile. Anche per scenografia (99 su 218) e per trucco (50 su 140), anche se la presenza femminile va diminuendo gradualmente.
Invece negli altri ruoli ad alto impatto tecnico (regia, montaggio, fotografia, musica, scrittura) le donne sembrano non essere influenti nel mondo del cinema.
“È tuttavia chiaro che Hollywood stia prendendo provvedimenti per bilanciare gli squilibri di genere e creare storie più inclusive, film che hanno maggiore risonanza con il pubblico”, ha scritto Smith. “Il disallineamento ancora evidente è tra ciò che funziona al botteghino e ciò che ottiene i premi e i riconoscimenti”, ha detto, “indicazione di un pregiudizio presso istituzioni culturali e nelle giurie, come gli Academy Awards”.