Su Techeconomy un’intervista a Donatella Sciuto, Prorettore Vicario e Professore Ordinario di Ingegneria Informatica presso il Politecnico di Milano in cui si racconta l’impegno per la parità e l’inclusione, ad esempio attraverso il progetto del Politecnico di Milano “POP – Pari opportunità Politecniche”. Un posto speciale, nell’ambito del progetto, lo ha la parità di genere, per la quale si lavora avvicinando le ragazze agli studi STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), garantendo alle studentesse un ambiente accogliente che le sostenga negli studi e accompagnando le dottorande e le ricercatrici nel percorso professionale con azioni di supporto e di formazione.
Quale la situazione del Politecnico in tema di parità di genere?
Una fotografia chiara viene dal primo Bilancio di Genere pubblicato di recente. Un’istantanea dell’Ateneo che non si limita a tracciare un quadro della situazione, ma che, allo stesso tempo, individua le azioni positive da mettere in campo. I numeri parlano chiaro. Lo scorso anno (2017-2018) le immatricolazioni delle studentesse hanno corrisposto al 34% del totale (31,4% nelle lauree triennali e 37,8% in quelle magistrali), in lieve ma costante aumento. Un buon segno se pensiamo che dal 2000 a oggi sono aumentate dell’8%! Tuttavia, i numeri ci dicono anche un’altra cosa. Ci indicano un percorso a due velocità. Le lauree più gettonate rimangono infatti architettura, dove le donne sono il 58% del totale, e design (61%), mentre a Ingegneria arriviamo soltanto al 23%. Detto questo, le ragazze sono decisamente più determinate. Se si guarda al tasso di abbandono, notiamo che per loro è consistentemente più basso rispetto ai colleghi maschi.
Una volta laureate le ingegnere hanno buone opportunità lavorative?
Se guardiamo ai dati del 2016, a un anno dalla laurea magistrale sono occupate o proseguono gli studi il 95% delle donne, a fronte del 96% dei colleghi uomini. Quindi sì, le laureate in ingegneria entrano agevolmente nel mondo del lavoro, ma non a pari condizioni. Solo una su due ha un contratto a tempo indeterminato: il 47% contro il 57% dei maschi. La forbice si allarga poi ulteriormente sul fronte degli stipendi, così come evidenziato anche da altri studi presentati a livello europeo. Su questo fronte c’è ancora molto su cui lavorare, purtroppo.
Secondo la Commissione Europea se sul mercato del lavoro digitale ci fosse un numero pari di uomini e di donne, il PIL annuo dell’Unione Europea potrebbe crescere di 9 miliardi di euro. Non c’è dubbio sul fatto che abbiamo bisogno di un numero adeguato di donne che lavorino nel settore IT e che per farlo dobbiamo smontare quegli stereotipi, anche inconsci, che hanno costruito l’immagine che oggi le ragazze hanno del mondo. Un’immagine che ci rimanda un’idea di ingegnere uomo o, nel caso della donna, comunque diversa dal normale, strana. Siamo bombardati dai luoghi comuni che dobbiamo prima riconoscere e poi modificare.
Quali sono le azioni messe in campo contro il persistere di alcuni luoghi comuni?
Ai pregiudizi, impliciti ed espliciti, e ai condizionamenti sociali e culturali si deve rispondere con nuovi modelli formativi e con sforzi sinergici da parte delle istituzioni. Per quanto riguarda POP, abbiamo dato vita a summer camp per far conoscere alle ragazze del terzo e quarto della scuola superiore temi quali la robotica, il coding e tutto ciò che ruota intorno al digitale. Abbiamo mostrato loro le opportunità offerte dalle materie tecniche e ingegneristiche. In aggiunta, si è lavorato molto sui role model, formando le nostre ricercatrici per permettergli di raccontare in modo coinvolgente il proprio lavoro. Si è investito poi sul supporto alle studentesse per prepararle al meglio al mondo del lavoro. Non dimentichiamo, inoltre, le molteplici collaborazioni attivate con associazioni quali Valore D.
Se vuoi consultare tutti i dati del primo Bilancio di genere del Politecnico di Milano