Nei panel delle conferenze, in tv, radio e sui giornali le donne chiamate a dare la propria opinione autorevole sono ancora una minoranza, un impoverimento per il dibattito pubblico. Un interessante articolo de La Repubblica riprende i dati del report Global Media Monitoring Project, che ha fatto il calcolo per noi: di fronte ad una notizia, i giornalisti interpellano un’esperta donna solo il 18% delle volte, lasciando nell’82% delle restanti notizie il racconto del mondo in mano agli uomini. Eppure, queste esperte ci sono e spesso sono anche più qualificate dei loro corrispettivi maschili interpellati. Crescono gli sforzi per garantire diversità di genere in conferenze, laboratori nelle scuole, sui giornali e davanti alle telecamere: con le donne cambia il punto di vista e la lettura del mondo, inevitabilmente.
Un database di esperte a cui dare voce
E di donne capaci, brillanti, comunicative, ne esistono tante, tantissime. Per facilitare il loro coinvolgimento un progetto di network europeo è destinato a creare un database comune da cui aziende, scuole, università e media possano attingere profili di donne esperte in diversi settori. Il progetto, finanziato dall’Open Society, sarà realizzato per l’Italia dall’associazione GiULiA (giornaliste unite, libere, autotonome) in collaborazione con la piattaforma “cheFare”. Poco più di un anno fa proprio Open Society pubblicava un rapporto in cui si evidenziava che che tra il 2012 e il 2017 in 23 conferenze con 12.700 speaker in Europa le donne erano state presenti solo per il 26%.
Non va meglio quando si tratta di giornali e tv: se guardiamo i tg, è facile notare come la grande maggioranza degli intervistati in qualità di esperti siano maschi. Oltre l’80% delle persone interpellate nei tg – ci dicono i dati del Global Media Monitoring Project – sono uomini.
Per questo è nato anche il progetto “100 esperte“, database online pubblico e gratuito di donne esperte in vari settori – dall’economia alla finanza, dalla politica internazionale all’informatica, dalle neuroscienze alle nanotecnologie, dalla biologia alla medicina. Ideato tre anni fa da GiULiA e realizzato con il sostegno della rappresentanza in Italia della Commissione europea e della Fondazione Bracco, dalla sua nascita ha già portato a un aumento di circa 400 donne intervistate. «Abbiamo circa 145 scienziate, una cinquantina di economiste e stiamo ultimando la selezione delle esperte di politica internazionale», spiega Seveso
L’esperimento della BBC
Un caso unico è quello della britannica BBC che ha di recente annunciato i risultati dei primi tre anni di applicazione del suo progetto 50:50, mirato alla rappresentanza equa tra donne e uomini in interviste e citazioni nei pezzi giornalistici. Il piano è ad adesione volontaria, è partito dall’iniziativa di un giornalista che si è reso conto dello sbilanciamento di esperti maschi intervistati dalla BBC. Il programma misura quante donne vengono rappresentate nei contenuti dell’emittente: ora tre quarti dei team in tutto il mondo hanno raggiunto il 50% di donne rappresentate. In 3 anni 50:50 ha portato risultati tangibili: un terzo degli spettatori ha notato un cambiamento, e il gradimento è aumentato tra le donnee i più giovani. L’obiettivo è arrivare alla piena parità entro il 2020.
Uno dei problemi, soprattutto per la tv, è che molte donne esperte soprattutto in argomenti economici e tecnici non si sentono all’altezza di partecipare a panel e interviste. Per far fronte a queste resistenze, l’agenzia americana di notizie economiche Bloomberg organizza corsi di formazione alla partecipazione a tavole rotonde e interviste in tv.
La percezione degli italiani
Lo spaccato che emerge dal sondaggio commissionato dall’Agenzia Dire a Tecnè e presentato di recente al Senato su ‘Donne e media: la sottile linea rossa della discriminazione di genere‘: per il 31,8% degli italiani le donne continuano ad essere meno valorizzate nel mondo dell’informazione, nonostante il 68% ritenga che abbiano una capacità specifica e una lettura interpretativa della realtà diversa dagli uomini.
Nel campione maschile è dominante la convinzione che siano adeguatamente presenti nei media, ma questo dato si conferma solo nella metà di quello femminile (51,5%). Il 63,1% ritiene che giornaliste, conduttrici e professioniste dell’informazione abbiano ruoli analoghi a quelli dei loro colleghi, ma solo il 51,2% delle donne ritiene che sia così contro il 76,1% degli uomini. Il 51,8% degli italiani, poi, crede che non cambierebbe nulla se le donne avessero ruoli importanti nel mondo dell’informazione, tesi sostenuta dal 63,3% degli uomini. Solo il 36,5% degli intervistati crede che sarebbe migliore e a pensarla così sono soprattutto le donne (51,3%). Per qualcuno (6,8%) sarebbe addirittura peggiore. Il 68%, però, crede che le donne abbiano una specifica capacità di pensare e leggere la realtà diversa rispetto agli uomini. A pensarla così sono il 75,7% delle donne contro il 59,6% degli uomini.